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GIULIA FRASCA - Il lutto soffocato durante il Covid-19

Giulia Frasca, bolzanina, ha frequentato il Liceo Linguistico al Rainerum e poi l’università di Verona, studiando Pedagogia. Oggi è mamma di 4 figli e vive sul Renon. Per 20 anni è stata la direttrice di Casa Margaret ed ora è al servizio HOSPICE della Caritas di Bolzano.


Giulia Frasca

Come mai ti occupi del sociale?

Sin da dopo il liceo ho avuto la spinta di conoscere e approfondire le situazioni dei malati terminali di Aids e delle persone più disagiate. Dopo un periodo di volontariato a 20 anni sono stata assunta in Caritas nel gruppo IRIS, che si occupava dell’accompagnamento dei malati terminali di questa malattia, che all’epoca era una vera e propria peste. A 28 anni mi hanno quindi offerto la direzione della Casa Margaret. Recentemente però ho deciso di cambiare percorso. Rimanendo però in Caritas e sempre ovviamente nel sociale.

Come affronti le tue giornate?

Sono molto motivata. Quando in- contro le persone che stanno per morire, mi rendo conto che siamo tutti nella stessa barca. Alleggerire l’altro nelle sue sofferenze è fondamentale per me e soprattutto per la comunità. Anche se purtroppo la sofferenza altrui è ancora un tabù. Forse il più grande di tutti.

Da dove viene questo tabù?

È nella nostra cultura. Adesso che accompagno i morenti e il lutto dei loro familiari, mi rendo conto della solitudine che circonda le persone. Il tabù della morte è molto forte, in generale. E il benessere allontana dalla naturalità di questo evento. Vogliamo spingere la nostra vita verso l’eternità, negando la fine che è inevitabile ed eè la cosa che ci accomuna tutti.

Che tipo di morte accompagni?

Io collaboro con la Croce Bianca nel progetto “SOGNI E VAI”, un servizio rivolto alle persone nella ultima fase della loro vita: persone che hanno malattie oncologiche, neurodegenerative oppure legate alla vecchiaia. Io coordino le attività per dare l’assistenza. Incontro le persone e le famiglie, sostenendole nel loro percorso con il nostro servizio.

Covid-19, cosa è dovuto cambiare nel vostro servizio di Hospice?

È un momento molto difficile per ed i miei colleghi che come missione aiutiamo a percorrere l'ultimo cammino umano. All'inizio vi è stato un blocco totale, poi a seguito di molteplici telefonate di familiari degli ammalati, abbiamo deciso di agire. Non si può affrontare la morte, un momento così delicato e difficile, al telefono, inoltre non abbiamo questo tipo di preparazione psicologica.

Il lutto in questo periodo Covid è un lutto anticipatorio: la paura di che la persona cara muoia senza accompagnamento e poi ritrovarsela morta e senza rito funebre. È un lutto soffocato!

Come vi siete organizzati?

Per accompagnare e alleviare con la partecipazione attiva abbiamo deciso di fare un servizio al cimitero: attualmente sono permessi 10 parenti per defunto che possono accedere al cimitero e viene fatta una breve cerimonia di benedizione di 15 minuti.

Noi diamo un sacchetto dove i nostri volontari hanno confezionato delle rose bianche simbolo del nostro servizio. Abbiamo avvolto una pergamena su cui abbiamo stampato una poesia che abbiamo tratto dalla letteratura: Terzani, Rilke … Poesie con una spinta consolatoria. Inoltre, alleghiamo la nostra la brochure sul lutto e la possibilità per i credenti di far dire da Radio Sacra Famiglia un rosario espressamente per il defunto.

Cosa intendi con un lutto soffocato?

Il lutto ha bisogno di aria per esprimersi, di narrazione, sentimenti, emozioni e ricordi. Il lutto deve essere urlato. Non nascosto e messo sottoterra come il defunto. Ogni emozione durante il lutto è legittima.

Manca tutto il supporto degli amici e die famigliari, che danno molta forza. Gli abbracci, i ricordi e la consolazione sono elementi fondamentali per poter fare il percorso di accettazione.

Dobbiamo ricordarci che il lutto delle persone, non è solo dei famigliari, ma di tutte le persone che erano parte della vita della persona. Per molte anche non vicine è una perdita che può cambiare una vita o uno stile di vita.

Più che mai nella morte la mancanza di abbracci, baci e carezze ha un valore immenso.  Senza di queste il lutto è congelato, che aspetta di esplodere. Per reazione, ho notato che ora le persone per poter dare ARIA, come dicevo e VOCE alla loro sofferenza usano i social media. Scrivono anche sulle pagine del defunto. Sembra strano, ma bisogna liberare i pensieri per poterli elaborare. E cosi i cari hanno la possibilità di sentire la vicinanza del prossimo.

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Cosa cambia nella società adesso?

Già prima la morte nella nostra società era un tabù: tante espressioni che si usano nel lutto sono modi metaforici per esorcizzarlo: non piangere, fatti forza o il tempo guarisce le ferite.

Adesso più che mai, se non si può esprimere il lutto e il cordoglio questa tematica diventa molto sofferta. 

La gestione del lutto deve rientrare nelle culture come parte della vita e deve essere insegnata la partecipazione.

La paura di morire da soli è devastante. Posso fare un esempio di una telefonata che ho ricevuto: "Mio fratello è morto dalla sera alla mattina. Nessuno era con lui. Spero che mio fratello sapesse che lo stavo pensando".

Non è la morte in sé, ma come si muore. È l'agonia alla morte che è terribile. È irrimediabile, a meno che uno non abbia una tale fede, che ha la forza in quegli attimi di accompagnarsi con quella.  È un'agonia, senza parenti e sotto i caschi, è una sofferenza psicologica, fisica che ti colpisce nel suo complesso. Senza prete per l'estrema unzione, oppure gli assistenti spirituali. L'io e la comunità devono andare a pari passo. Senza prevaricare.

Che tipo di intervento ti saresti aspettata?

Riguardo le complicanze dell’infezione da Covid 19 si è sentito parlare pochissimo delle importantissime e fondamentali cure palliative. Dovranno essere coinvolte, perché la sofferenza nella terminalitá del Covid , angoscia compresa, ha diritto anch’essa alla medicina palliativa.





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